Il prezzo del latte. All'origine della protesta dei pastori sardi

Sono circa 17 mila le aziende che hanno smesso di conferire il latte e che promettono di proseguire la protesta fino a che le loro richieste non saranno esaudite. A partire da quell’euro (più Iva) al litro che consentirebbe a migliaia di famiglie di vedersi ripagato degnamente lo sforzo del loro lavoro. Perché vendendo il latte a sessanta centesimi, “praticamente i pastori si svegliano per produrre debiti - ha spiegato ad Agi Maria Barca, portavoce del Movimento dei Pastori Sardi - e da quei pochi spiccioli dipendono anche agronomi, veterinari, produttori di mangimi: l’intera economia della nostra isola felice buttata al vento”.

 

Come nasce il prezzo del latte, l'accusa ai trasformatori

Ammontano a circa cinque milioni di euro i danni prodotti dalla protesta dei pastori sardi. Nel mese di gennaio la produzione di pecorino romano Dop (il cui nome caratterizza la ricetta e non la provenienza del prodotto che in realtà è sardo), è stata di circa 30 mila quintali, di cui più del 70 per cento è stato esportato, secondo i dati forniti ad Agi dal Consorzio per la tutela del pecorino romano Dop.

“Ma il problema - chiarisce Barca - è che il mercato di riferimento è per lo più quello degli Stati Uniti e del Canada, che sono i principali importatori. Qui si sono volute favorire le esportazioni, legando il prezzo del latte a quello del pecorino romano, quando invece la stessa materia prima viene utilizzata anche per realizzare altri prodotti come il Fiore Sardo e il Pecorino Sardo (a loro volta marchi di origine protetta, ndr), che costano di più e sono andati molto bene sul mercato”.

Ed è per questo che i trasformatori sono accusati di “fare cartello”, costringendo i produttori della materia prima a venderla al prezzo più basso possibile favorendo così l’esportazione del prodotto finito.

[Fonte AGI - Agenzia Giornalistica Italia]